sabato 30 aprile 2011

Come le luci a intermittenza

Sono gli stessi incubi che di giorno mi tormentano
di perderti tra gli alberi di un intricato labirinto
ma seguo la tua scia, aspiro il tuo profumo
e lo respiro come fosse aria.
Ti trattengo e ti lascio andare
ti riprendo, ti rincorro e poi mi vieni incontro
pensiero inconsistente, ma nel mio cuore pesi
lo strappi e lo ricuci lasci mille cicatrici

Ma anche se sei come le luci a intermittenza
che ci sei e non ci sei non mi allontanerò
perché temo il buio, ma non temo te
e ti voglio tutto per me.
Ma anche se sei come le luci a intermittenza
che ci sei e non ci sei io non desisterò
perché sei come lo zucchero nel caffè
e a me non piace amaro.

Tu sei disarmante come una bolla di sapone
che da un momento all'altro può scoppiare
ma io ti sto cambiando pelle anche se ormai
sei dentro ogni parola, dentro ogni paura.
Mi prendi per mano, mi guardi e sono tua
e cedo all'entusiasmo che i miei occhi già tradiscono
mi lascerò portare ovunque tu vorrai
e rapirò l'istante in cui saremo solo noi ...

Ma anche se sei come le luci a intermittenza
che ci sei e non ci sei non mi allontanerò
perché temo il buio, ma non temo te
e ti voglio tutto per me.
Ma anche se sei come le luci a intermittenza
che ci sei e non ci sei io non desisterò
perché sei come lo zucchero nel caffè
e a me non piace amaro.
[ad libitum]

venerdì 22 aprile 2011

E poi c'è lei, e poi ci sono loro.

In questa giornata ho capito che ci sono due cose che non smetteranno mai di farmi venire le lacrime agli occhi, qualunque sia il luogo e qualunque sia la situazione: la musica e i bambini.
Concerto di un gruppo di amici, seduta in prima fila sotto il palco le note mi travolgono. La batteria mi fa saltare, ho voglia di rompere tutto, i piedi e le mani si muovono senza controllo; ce l'ho nel sangue, mi pulsa nelle vene quel suono secco e deciso. La chitarra è come il canto degli uccelli all'alba; su e giù lungo il manico le combinazioni di tasti e corde sono infinite ma stasera.. stasera la prima canzone che ho sentito mi ha lasciata senza parole. Solo chitarra, chitarra e silenzio e dita che si muovevano velocissime; passerei tutta la vita ad ascoltare. Poi il basso, quello timido e misterioso, che si sente se manca e quando c'è si confonde un po'; ha un suono caldo, mi trascina ed è un eterno rincorrersi, continuare a tendere un filo sapendo che non si spezzerà.
La musica è tutto, la musica  è ovunque, è intorno a noi costantemente.
Anche nel cigolio delle quattro ruote di una bicicletta rosa di barbie, montata da una bambina di cinque anni.
Stamattina ho fatto il colloquio per i centri estivi, sono arrivata un'ora prima e mi sono fermata nella piazza, seduta al sole su una panchina; neanche la musica stavolta, solo io e il tempo che passa e la gente che cammina, corre, cambia. C'erano tanti bambini, con i nonni il papà o la mamma. Non potevo evitare di guardarli e il mio occhio li cercava incuriosito; le mani piccole, gli occhioni dolci, l'espressione tenera e ingenua di un'affetto che è puro e di un pensiero incontaminato. Sognano, i bambini; e fanno sognare anche noi.

martedì 19 aprile 2011

Presupposti/Obbiettivi/Limiti

Nei LONTANI anni Novanta, quand'ero bambina, il regalo più gettonato era il Diario Segreto. Ne avrò ricevuti almeno una decina, di tutte le forme e dimensioni e addirittura con i fogli profumati - uno degli ultimi. Li riempivo di scarabocchi e disegni, ogni tanto raccontavo di amori appena sbocciati, storie che occupavano un'INTERA pagina; passioni intense, insomma. Il mio momento preferito però era quello in cui li chiudevo con il lucchetto e li nascondevo in mezzo ai vestiti, dentro scatole e cassetti, stando bene attenta che nessuno mi vedesse. Mi affascinava l'idea che nessun altro potesse leggere lì dentro; anche se non c'era scritto nulla d'importante quelle parole erano solo mie, mie e basta.

Crescendo, ho smesso di ricevere diari come regalo e ho iniziato ad averne bisogno, ad avere bisogno di scrivere. Paradossale. Il primo, vero e proprio Diario l'ho scritto a quattro mani con la mia migliore amica di allora; tutto ruotava intorno a due o tre rapporti di amore/amicizia e amicizia/amore di cui svisceravamo pensieri sottintesi, comportamenti ambigui e ci giravamo sopra dei film dalla trama improbabile - questo vizio mi è rimasto ancora adesso. Era bello scrivere per qualcuno.

Da lì in poi ho un diario per ogni anno; più che diari sono quaderni monocromo di vari colori, soprattutto verdi e rossi e sono scritti fitti fitti, che se passi la mano sopra le pagine senti le parole in rilievo, come se tentassero di uscire e un po' è stato ed è così. Una sensazione bellissima da sentire sulla pelle.

Dunque in questi 72 + 4 mesi di varia e vana esperienza ho capito due cose di fondamentale importanza su di me e sul mio rapporto con l'atto in sé dello scrivere: per essere una relazione appassionata come quella di Leopardi - anche se io non la vivo con la stessa sofferenza, per fortuna - ho bisogno che le mie parole vengano costantemente lette e commentate da occhi esterni. Sì, lo ammetto, è vero che mi piace ricevere apprezzamenti o critiche - direi in maggior numero apprezzamenti - ma la verità è che c'è stata una metamorfosi: non voglio tenere quello che scrivo solo per me, scrivo per gli altri.
Un bel presupposto/obbiettivo/limite, comunque lo si voglia chiamare.


Ma - c'è sempre un ma - se incrocio qualcuno o qualcosa che mi travolge, mi stravolge e mi coinvolge sia di testa che di pancia, allora scrivere diventa un chiodo fisso; l'unica cosa che impedisce al cuore di scoppiare.


Perché ho aperto questo blog? BLOCCO DELLO SCRITTORE.
Maledetto Blocco dello Scrittore.
E dato che la mia vita è abbastanza monotona ultimamente, senza scossoni né arcobaleni, tento la prima tattica e scrivo per quelli che passeranno di qua.
Spengo la luce. L'ispirazione arriverà.
Pan


lunedì 18 aprile 2011

L'immaginazione a luci spente

Ho preso un libro in mano. Ero all'Arion di Viale Libia, nella sezione dedicata ai bambini.
Nero, tutto nero.
L'ho sfogliato e c'erano disegni in rilievo di fragole ed erba, poi il cielo e il sole e fiori e farfalle; ti spiegava i colori.
"Che sapore ha il rosso? E il verde, ha un odore? Com'è il giallo? Chi non può vedere le cose conosce il mondo attraverso il gusto, il profumo, i suoni, le emozioni."
Era scritto in braille.

Credo sia uno dei libri più belli che abbia mai visto, me ne sono innamorata; non so come spiegare questa sensazione che ho sulla punta della lingua, dovreste averlo tra le mani e percepire per un'istante la purezza, il senso di riscoperta e di meraviglia.

Il libro nero dei colori