martedì 19 aprile 2011

Presupposti/Obbiettivi/Limiti

Nei LONTANI anni Novanta, quand'ero bambina, il regalo più gettonato era il Diario Segreto. Ne avrò ricevuti almeno una decina, di tutte le forme e dimensioni e addirittura con i fogli profumati - uno degli ultimi. Li riempivo di scarabocchi e disegni, ogni tanto raccontavo di amori appena sbocciati, storie che occupavano un'INTERA pagina; passioni intense, insomma. Il mio momento preferito però era quello in cui li chiudevo con il lucchetto e li nascondevo in mezzo ai vestiti, dentro scatole e cassetti, stando bene attenta che nessuno mi vedesse. Mi affascinava l'idea che nessun altro potesse leggere lì dentro; anche se non c'era scritto nulla d'importante quelle parole erano solo mie, mie e basta.

Crescendo, ho smesso di ricevere diari come regalo e ho iniziato ad averne bisogno, ad avere bisogno di scrivere. Paradossale. Il primo, vero e proprio Diario l'ho scritto a quattro mani con la mia migliore amica di allora; tutto ruotava intorno a due o tre rapporti di amore/amicizia e amicizia/amore di cui svisceravamo pensieri sottintesi, comportamenti ambigui e ci giravamo sopra dei film dalla trama improbabile - questo vizio mi è rimasto ancora adesso. Era bello scrivere per qualcuno.

Da lì in poi ho un diario per ogni anno; più che diari sono quaderni monocromo di vari colori, soprattutto verdi e rossi e sono scritti fitti fitti, che se passi la mano sopra le pagine senti le parole in rilievo, come se tentassero di uscire e un po' è stato ed è così. Una sensazione bellissima da sentire sulla pelle.

Dunque in questi 72 + 4 mesi di varia e vana esperienza ho capito due cose di fondamentale importanza su di me e sul mio rapporto con l'atto in sé dello scrivere: per essere una relazione appassionata come quella di Leopardi - anche se io non la vivo con la stessa sofferenza, per fortuna - ho bisogno che le mie parole vengano costantemente lette e commentate da occhi esterni. Sì, lo ammetto, è vero che mi piace ricevere apprezzamenti o critiche - direi in maggior numero apprezzamenti - ma la verità è che c'è stata una metamorfosi: non voglio tenere quello che scrivo solo per me, scrivo per gli altri.
Un bel presupposto/obbiettivo/limite, comunque lo si voglia chiamare.


Ma - c'è sempre un ma - se incrocio qualcuno o qualcosa che mi travolge, mi stravolge e mi coinvolge sia di testa che di pancia, allora scrivere diventa un chiodo fisso; l'unica cosa che impedisce al cuore di scoppiare.


Perché ho aperto questo blog? BLOCCO DELLO SCRITTORE.
Maledetto Blocco dello Scrittore.
E dato che la mia vita è abbastanza monotona ultimamente, senza scossoni né arcobaleni, tento la prima tattica e scrivo per quelli che passeranno di qua.
Spengo la luce. L'ispirazione arriverà.
Pan


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